Sicilianità Letteraria IV: S.Addamo e G.Bonaviri

Parlando di cose sicuramente a me più vicine e sicuramente meno retoriche, posso gettarvi qualche fugace impressione sull'opera di Sebastiano Addamo oppure Giuseppe Bonaviri.
Entrambi scrittori conosciuti per via di necessità, in modi diversi, hanno saputo colpire la mia immaginazione.
Si può ben dire che siano due scrittori quasi agli antipodi per certe sfumature narrative e per panorama immaginario: l'uno, Addamo, è contraddistinto da un fervente realismo capace di ridare ai luoghi il volto che indossano nella realtà quotidiana, mentre Bonaviri è una sorta di mago che fonde il realismo di certi ricordi e vedute di paesaggio con una sottile ascendenza mitica e favolistica.
Nel lavoro di Addamo che ho avuto occasione di leggere, Il giudizio della sera, viene descritta una Catania in preda ai desideri della carne e sulla quale aleggia lo spettro della guerra, una guerra dapprima conosciuta solo per via di vaghe e vacue notizie e successivamente sperimentata. Le vicende del protagonista si scandiscono tra ritratti di una città putrescente, puzzolente e avvezza al vizio e l'ostinata ricerca dell'approccio sessuale che, da pura curiosità adolescenziale, diventa abitudine, consuetudine giornaliera a metà fra la fuga dal quotidiano, piccola avventura di vita e soggiogamento vero e proprio della volontà. Il sesso per i catanesi è descritto come qualcosa di essenziale che perde, però, del suo valore riottoso per tuffarsi nell'atonia della calura, canicola che annienta e spegne qualsiasi intenzione, qualsiasi proposito di movimento.
Leggendo questo romanzo, da catanese, non si possono non rivedere le strade e le atmosfere che mi circondano, anche se i tempi mutano, quell'indolenza descritta anche da Patti permane: è incisa sui volti, sui gesti e vela gli occhi degli individui, soprattutto quando il caldo è talmente forte da procurare questo effetto di stasi, che non è nemmeno immobilità, quanto più cosciente volontà di resa all'immanenza degli eventi.
Bonaviri, invece, è animato da uno spirito del tutto diverso.
La sua narrazione è una sorta di continuo gorgo in movimento, esplode di immaginazione, di colori, di atmosfere: una gioia sia per contenuto che per forma. È un autore originale in qualsiasi senso si voglia intendere il temine ed è quasi inesprimibile la quantità di elementi che è possibile trovare nelle sue pagine. Entusiasma, delizia, commuove con la sua delicatezza e fervida, quasi infantile inventiva. È uno scrittore che meriterebbe di essere assaporato pagina per pagina tant'è colmo e traboccante!
L'esperienza che ho dei suoi testi è questa, non mi soffermo su trame o temi perché veramente sarebbe superfluo. Consiglio solo, caldamente a chiunque ne fosse incuriosito di prendere il suo Silvinia oppure L'infinito lunare e di leggere, immergersi in quel mare che placidamente trasporta la mente verso lidi più distesi. Non manca di tratti più realistici e crudi, ma è spirito siciliano e non può esimersi dall'essere coscienza sveglia quanto feconda e trasognata.
Mi piacerebbe leggere di lui È un rosseggiar di peschi e albicocchi, una storia che ha dell'esotico e che riprende il tema sul quale sia Patti che Addamo si sono soffermati.

A presto!

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